Mario Savelli ci racconta di lavandaie e lavatoi
Nei vari lotti della Garbatella esistevano i lavatoi e gli stenditoi. Prima di tutto perché le dimensioni delle case erano tali che non c’era possibilità di tenere la biancheria ad asciugare in casa, ma poi non c’era nemmeno lo spazio per poterla lavare, la biancheria, e nei lavatoi esisteva una possibilità di lavoro, di attività anche per quelle donne che rimanendo vedove non avrebbero avuto nessun’altra possibilità di ricavare da vivere per sé e per la propria famiglia. Quindi qualcuna magari si inventava delle cose come andare a raccogliere cicoria, andare a raccogliere fichi, perché la campagna intorno alla Garbatella aveva queste possibilità. Poi negli anni Sessanta con l’urbanizzazione che ha fatto espandere l’edilizia attorno a Garbatella anche questa cosa è venuta meno, ma è venuto meno anche il problema forse di andare a fare queste cose come attività. Le donne che hanno continuato a fare le lavandaie lo facevano fintanto che poi non si è diffuso l’uso della lavatrice: le prime lavatrici con le centrifughe a pedali e cose strane cominciavano ad arrivare negli anni Sessanta e si è persa anche questo tipo di cosa.
Spesso capitava che in uno stesso lavatoio si ritrovassero più lavandaie, con tutte le rivalità che esistevano poi tra loro: si rubavano le mollette per stendere la biancheria, si rubavano il sapone, la spazzola di saggina o se le scambiavano e quindi ci si litigava e queste spazzole di saggina o le mollette venivano pirografate in una maniera domestica magari con una punta di coltello arroventata…
Per i bambini spesso era una fonte, come dire, di spettacolo, vedere queste povere donne che si litigavano queste miserie. Poi ad un certo punto nel dopoguerra è arrivata anche la rivalità politica tra le lavandaie: al Lotto 30 ce n’erano due che erano in continua, perenne lite, una democristiana e una comunista e ogni pretesto era buono per azzuffarsi. La terza era neutra e quindi vivacchiava tranquillamente tra le due.
Nei lavatoi esisteva anche uno spazio che era lo spazio per i contumaciali, il lavatoio contumaciale, perché una delle cose che c’era pure a Garbatella, come in tutto il resto d’Italia, era la diffusione di malattie infettive anche gravi come la tubercolosi. E quindi chi aveva questo tipo di malattie in famiglia non doveva usare il lavatoio comune a tutto il resto delle famiglie, ma doveva usare questo lavatoio a parte, questo locale a parte, appunto i lavatoi contumaciali.
I lavatoi contumaciali sono gli ultimi ad essere spariti nei lotti della Garbatella proprio perché solo quando è entrata in vigore la riforma sanitaria si è messo da parte il vecchio Codice della Pubblica Igiene che era una cosa che fu sollecitata alla fine dell’Ottocento da Agostino Bertani, medico garibaldino. Questo Codice della Pubblica Igiene ha smesso di essere applicato solo con l’entrata in vigore della riforma sanitaria e quindi i lavatoi contumaciali pure sono stati dismessi.
Un solo lavatoio esiste ancora visibile a Garbatella, fu restaurato qualche anno fa dalla RAI per poter ambientare lì le scene di uno sceneggiato che ricordava il periodo della Seconda Guerra mondiale e i bombardamenti a Roma e i rifugi antiaerei che erano ricavati in questi lavatoi.
Una delle caratteristiche che c’era, ad esempio, in questi lavatoi e che si dimentica, si legge qualche volta in letteratura della liscivia, il bucato fatto in un certo modo, la favola del merlo che era bianco e che diventa nero perché va dove le lavandaie scaldavano l’acqua per il bucato e cose di questo tipo qui, e c’erano i bucatai che erano delle specie di pozzi fatti in cemento, non si usava più il cocciopesto come in epoca romana, si usava questo cemento lisciato dove veniva messa la biancheria da far sbiancare con la liscivia, si accendeva sotto il fuoco e si scaldava l’acqua dentro questi bucatai. Anche il turno per il bucataio, i turni per lo stenditoio erano motivo di lite tra le lavandaie che volevano litigare.
[Intervistato in un caffè a piazza Sant’Eurosia il 15 dicembre 2022]
Le mammane nel racconto di Mario Savelli
Un altro mestiere scomparso era quello delle levatrici, delle mammane… A Garbatella c’erano due o tre, non ricordo l’esatto numero, levatrici condotte. All’inizio c’era solo una condotta medica, quando ero ragazzino io le condotte mediche erano diventate tre via via che il quartiere cresceva.
Nel periodo della guerra ce n’era una sola, con un medico che non era nemmeno laureato, era uno studente con un certo numero di esami effettuati, ovviamente con la camicia nera e quindi un medico che faceva pure morire la gente per la sua imperizia, ecco. E c’erano anche le condotte delle levatrici però magari la levatrice arrivava tardi in casa della partoriente e c’erano le vicine volenterose che davano una mano alla partoriente nel momento del parto, perché il parto fatto in casa spesso avveniva con l’aiuto delle vicine e al Lotto 30 c’era una donna particolarmente abile nel tagliare il cordone ombelicale, fare tutte le operazioni intorno al parto, ha fatto nascere più bambini lei che le levatrici condotte del quartiere. Era tra l’altro la madre di Filippo Morucci, che è stato primo ballerino ed étoile del Teatro dell’Opera, e quindi molti dei bambini nati al Lotto 30 sono stati fatti nascere da lei. Era nota come la “sora Amalia”. Il nipote vive ancora al Lotto 30, forse lui potrebbe parlare della nonna meglio di me.
[Intervistato in un caffè a piazza Sant’Eurosia il 15 dicembre 2022]